lunedì 14 febbraio 2011

Obrigado Ronnie

Conferenza stampa d'addio di Ronaldo

"O tempo passa até para os Fenômenos". Il tempo passa per tutti, per noi che d'ora in poi potremo solo ricordare le sue gesta e per lui che dopo aver chiuso con il calcio giocato potrà decidere se godersi una pensione dorata oppure intraprendere una nuova carriera, che difficilmente potrà eguagliare quella appena conclusa.
Sembra ieri, eppure sono già passati quasi 14 anni da quando lo sentii nominare per la prima volta. Ero solo un bambino che già da qualche anno si interessava di calcio, e prima di tagliarmi i capelli stavo discutendo con il barbiere che entusiasta mi disse di aver appena letto sul giornale che l'Inter stava per comprare il più forte giocatore del mondo.
Incuriosito mi girai e lessi sul Corriere dello Sport la notizia con tanto di foto di un 21enne Fenomeno che esultava con indosso la camiseta blaugrana del Barcellona.
Da quell'istante ho iniziato ad informarmi su di lui, a comprare giornali, videocassette, per scoprire in realtà chi fosse questo tanto famigerato Ronaldo di cui io non avevo mai sentito parlare.
Per me, come per molti altri ragazzi della mia generazione Ronnie ha senza dubbio rappresentato lo stereotipo del calciatore e per molti è stato sinonimo stesso di Calcio.
Anche i non interisti sono stati rapiti inconsciamente dai suoi dentoni e da quell'immagine da personaggio dei fumetti che sul rettangolo verde faceva cose strabilianti.
L'appellativo di Fenomeno se lo era guadagnato alle Olimpiadi di Atlanta del 1996, ma in realtà fenomeno lo era già visto che 2 anni prima si era laureato Campione del Mondo con il Brasile a 17 anni e con il Psv Eindhoven segnava a raffica nella Eredivisie.
L'approdo a Barcellona ne ha segnato una sorta di definitiva consacrazione visto che con 34 reti in 37 partite di Liga si è laureato Pichichi, anche se non è stato abbastanza per aggiudicarsi la Liga, vinta dal Real Madrid di Fabio Capello.
In Coppa delle Coppe però i catalani si sono rifatti aggiudicandosi il trofeo a spese del PSG con una rete in finale proprio di Ronaldo.
Il suo exploit non poteva che portarlo in Serie A che all'epoca poteva ancora fregiarsi a pieno merito della pesante etichetta di miglior campionato del Mondo.
Moratti a suon di miliardi riusci a strapparlo alla concorrenza e con lui l'Inter fece un salto di qualità pazzesco visto che Gigi Simoni si ritrovava tra le mani una rosa normalissima in cui spiccava però il suo nome.
Il tecnico sin da subito capi' che lui era diverso dagli altri e non ne fece mistero agli occhi del resto della squadra che lui non faceva, ma era la differenza.
Quel campionato si concluse con gli strascichi polemici del rigore non dato al Delle Alpi per un fallo clamoroso in area di Iuliano ai danni del Fenomeno, ma se l'Inter era arrivata a giocarsi lo scudetto il merito era solo suo.
La Coppa Uefa invece fini in bacheca e ancora una volta fu una sua esibizione principesca a tramortire la Lazio a Parigi, e ancora oggi alzi la mano (interista e non) chi non si emoziona nel vedere su Youtube le sue giocate funamboliche al cospetto dei difensori biancocelesti.
Quella notte, a soli 22 anni Ronaldo toccò molto probabilmente l'apice della sua carriera. Gli erano bastati solo 4 anni per passare da giovane talento a miglior giocatore del pianeta.
Dal Brasile al Giappone, passando per l'Africa, l'Asia non c'era nessuno che non lo conoscesse, tanto era la sua fama.
Fuoriclasse assoluto, personaggio acclamato anche fuori dal campo, amato dalle donne, ha divorato la vita con una velocità ancor superiore a quella che era in grado di esprimere in campo.
Il suo primo Pallone d'Oro a 21 anni è stato quasi un atto dovuto vista la sua netta superiorità rispetto a tutti gli altri della sua epoca.
Ha rappresentato il ponte ideale tra gli anni 80 e il nuovo millennio, in una decade che è a livello calcistico è stata più povera rispetto a quella precedente segnata dalla classe assoluta dell'immenso Maradona e dei vari Zico, Platini, e che ha cominciato a vedere una lenta trasformazione del calcio (e dei calciatori) che pian piano ha iniziato ad essere dominato dalla fisicità, e meno dalla tecnica.
Lui è stato lo stereotipo del calciatore perfetto in un'epoca in cui si preferiva più colpire di sciabola che di fioretto.
Un alieno in grado di correre a mille all'ora col pallone tra i piedi e di dribblare come pochi avevano saputo fare prima di lui.
Quanto di più vicino alla perfezione si sia mai visto in quegli anni. Una macchina da gol, ma non solo. Il suo strapotere fisico e la sua esplosività ne facevano un'arma impropria al servizio della squadra, ed è stato un patrimonio per quegli appassionati di calcio che cercavano ancora qualcuno in grado di regalargli un'emozione.
Il suo repertorio non aveva eguali, destro, sinistro, colpo di testa, accelerazione da centometrista e scatto breve e dribbling stretto tipici del futsala, figli di un'infanzia passata a tirare calci ad un pallone nelle favelas di Belo Horizonte.
Il più forte in campo, il più forte nei vari videogiochi, il più ricercato dai vari marchi pronti a fare ponti d'oro pur di averlo come testimonial.
Vi riusci la Pirelli che coniò il celebre "la potenza è nulla senza il controllo", e nessuno poteva essere più appropriato di lui per dar credito ad un tale slogan.
Incredibile, ma vero a soli 22 anni l'oblio era dietro l'angolo. La maledetta notte della finale Mondiale a Parigi fu l'inizio di un calvario che si è protratto per circa 4 anni.
Nel mezzo 2 infortuni che ne hanno limitato la carriera. Ancora oggi fanno specie le immagini del suo ginocchio che fa crack contro la Lazio in Coppa Italia.
Ciò nonostante come l'araba fenice è riuscito a risorgere ancora una volta e nel 2001/02 sembrava dover condurre l'Inter alla vittoria del campionato, ma il pomeriggio del 5 maggio e ancora una volta la Lazio hanno segnato una delle pagine più brutte della sua vita professionale.
Le lacrime in panchina sono state la fotografia della disfatta interista, e ancor di più di un periodo nerazzurro che è durato fino all'avvento di Calciopoli.
Non ebbe però il tempo di abbattersi perchè alle porte c'era un Mondiale e il suo Brasile aveva l'obbligo di continuare un discorso interrotto 4 anni prima.
Il Ri-Ro-Ro messo in campo da Scolari ha fatto sognare la Torcida verdeoro e con quel trio in avanti la Selecao ha raggiunto e conquistato senza troppi affanni il suo quinto titolo iridato.
Ronnie in un mese si è ripreso tutto quello che gli era stato negato dalla sorte negli anni precedenti e con 8 gol (di cui 2 in finale) si è aggiudicato anche il titolo di capocannoniere della manifestazione, a corollario di un cammino perfetto segnato da 7 vittorie in 7 partite.
Le divergenze con Cuper e la voglia di vincere lo spinsero verso il Real Madrid con cui a dicembre vinse il suo secondo Pallone d'Oro e per la prima volta è riuscito a vincere un campionato che fin li gli era sempre sfuggito.
In semifinale di Champion's però, ancora una volta fu la Juventus (vera e propria nemesi) a farlo piangere e a negargli una gioia che ha vissuto solo 4 anni più tardi con la maglia del Milan ad Atene, ma non a pieno, visto che essendosi trasferito nella sessione invernale non poteva essere schierato in Coppa.
Nel mezzo ha vissuto alcuni anni difficili a Madrid ed è diventato il miglior marcatore nella storia dei Mondiali, nella fallimentare spedizione verdeoro in Germania nel 2006.
Nel suo ultimo anno al Milan divenne un vero e proprio caso per via di un infortunio occorsogli casualmente al ginocchio e cosi per chiudere la carriera decise di tornare in patria.
Approdato al Corinthians è improvvisamente risorto e con lui il Timao si è aggiudicato il Paulistao 2009, grazie ai suoi gol nella finale contro il Santos. Da li in poi nulla di significativo da segnalare fino alla conferenza stampa di oggi in cui ha annunciato il suo ritiro dal calcio giocato.
Un ritiro che lascia un pò l'amaro in bocca visto che ora siamo giunti al momento in cui si tirano le somme.
Ha vinto tanto, è vero, ma visto il suo immenso talento avrebbe potuto vincere di più. Ha giocato praticamente 4 anni da Ronaldo (quello vero) e ha vinto 2 Palloni d'Oro che sono tanti per qualsiasi giocatore, ma forse sono addirittura pochi per uno come lui.
Una classe come la sua sarebbe dovuta essere supportata a dovere da un fisico degno di assecondare quello che era in grado di partorire la sua mente e invece ha dovuto imparare a convivere con il dolore e con i suoi limiti che a volte ne hanno tarpato le ali.
Avrebbe potuto volare e invece si è dovuto accontentare troppe volte solo di camminare.
Non è stato il miglior calciatore della storia, ma è stato senz'altro unico nel suo genere e ad oggi è difficile trovare qualcuno che possa raccogliere degnamente il suo testimone.
Cristiano Ronaldo in alcune cose lo ricorda, e forse Neymar potrebbe ripeterne le gesta, ma almeno per ora nessuno si azzardi a chiamarlo Fenomeno, perchè di Fenomeno e di Ronaldo ce n'è stato e ce ne sarà sempre e solo uno, e il bello (o il peccato) è che non sapremo mai quanto sarebbe potuto essere forte.

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